sabato 7 gennaio 2012

Il tragico destino di Mafalda di Savoia.

Mafalda di Savoia nata a Roma il 19 novembre 1902 e morta a Buchenwald il 28 agosto 1944 era la secondogenita del re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena del Montenegro e sorella di Umberto II.

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, Muti il suo soprannome, di indole docile e obbediente, ereditò dalla madre Elena il senso della famiglia, i valori umani, la passione per la musica e per l'arte.
Si sposò a Racconigi, il 23 settembre 1925, con il langravio Filippo d'Assia ed ebbe quattro figli:
  • Maurizio d'Assia
  • Enrico d'Assia
  • Ottone d'Assia
  • Elisabetta d'Assia

Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò a suo marito Filippo un grado nelle SS e vari incarichi.
Benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata( Hitler le conferì perfino la croce al merito come a tutte le mamme di numerosa prole).

Nel settembre del 1943, alla firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane, Badoglio e il re fuggirono al Sud, ma Mafalda che l'8 settembre si trovava in Bulgaria per assistere la sorella  Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita fu tenuta all'oscuro di quello che stava accadendo (forse si temeva che potesse parlare con il marito).
In quel momento delicato si trovò a rientrare a Roma, durante il viaggio la regina Elena di Romania la avvisò dell'armistizio (aveva fatto fermare appositamente il treno e aveva tentato di farla desistere dal rientro in Italia) ma Mafalda volle proseguire.

Giunta a Roma il 22 settembre ( fece appena in tempo a rivedere i figli) venne chiamata al comando tedesco con urgenza, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg. Mafalda venne subito arrestata e deportata dopo vari trasferimenti nel campo di concentramento di Buchenwald, dove fu rinchiusa nella baracca 15 con il falso nome di frau von Weber.

Nel campo di concentramento le venne riconosciuto un particolare riguardo: occupava una baracca ai margini del campo insieme ad un ex-ministro socialdemocratico e sua moglie; aveva lo stesso vitto degli ufficiali delle SS, molto più abbondante e di migliore qualità rispetto agli altri internati. Le venne assegnata come badante la signora Maria Ruhnan, Testimone di Geova deportata per motivi religiosi; questa fu una figura molto importante per la principessa, la quale in punto di morte chiese che il suo orologio le fosse regalato come segno di riconoscenza. Il regime, pur privilegiato rispetto a quello di altri prigionieri, fu comunque duro: la vita del campo e il freddo invernale intenso la provarono molto. Malgrado il tentativo di segretezza attuato dai nazisti la notizia che la figlia del Re d'Italia si trovava a Buchenwald si diffuse.
Nell'agosto del 1944 gli angloamericani bombardarono il lager, la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta e lei riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo. Fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Ancora addormentata, Mafalda venne abbandonata in una stanza del postribolo, privata di ulteriori cure e lasciata a se stessa. Morì dissanguata, senza aver ripreso conoscenza, nella notte del 28 agosto 1944.

L'intervento fu lunghissimo e secondo molti ciò fu intenzionalmente fatto proprio per provocarle la morte (il metodo delle operazioni esageratamente lunghe o ritardate era già stato applicato a Buchenwald, ed eseguito sempre dalle SS su altre personalità di cui si desiderava sbarazzarsi).


CURIOSITA':
Dopo essere stata diseppellita dalle macerie, causate dal bombardamento alleato, Mafalda venne stesa su una scala a pioli per essere trasportata nella squallida casa che era stata adibita a infermeria. Nel tragitto notò due italiani dalla "I" che avevano cucita sulla giubba. Fece segno di avvicinarsi col braccio non ferito e disse loro:
«Italiani, io muoio, ricordatevi di me non come di una principessa, ma come di una vostra sorella italiana».

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